Capo Indiano Seattle

Di Alessandro Pelisseri

Sempre più nel linguaggio corrente si usa il termine “Bombe d’acqua”, per indicare fenomeni piovosi talmente violenti da provocare allagamenti e danni consistenti come è successo solo pochi giorni fa.

I danni li contano i cittadini sulla propria pelle e puntuali sono le polemiche su di chi sia la responsabilità, ma le agende di chi governa non paiono particolarmente attente ai fenomeni devastanti indotti da cambiamenti climatici sempre più evidenti. La politica sembra più interessata a disquisire amabilmente di migranti da respingere e da indicare come selvaggi neanche fossero la principale causa degli italici guai omettendo di ricordare che sono spesso la triste conseguenza del rude  trattamento che abbiamo riservato al nostro pianeta negli ultimi due secoli.

A questo proposito dovremmo rileggere la lettera di risposta che il “capo Seattle” scrisse nel 1854 al “Grande Bianco” di Washington (il presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce) che si offrì di acquistare una parte del territorio indiano e promise di istituirvi una “riserva” per il popolo indiano, considerata ancora oggi la più bella, la più profonda dichiarazione mai fatta sull’ambiente di cui propongo un breve brano consigliandone la lettura integrale:

…” Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: la terra è la madre di tutti noi. Tutto ciò che di buono arriva dalla terra arriva anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi. Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, bensì è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose sono legate fra loro. Tutto ciò che si fa per la terra lo si fa per i suoi figli. Non è l’uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne è soltanto un filo. Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a se stesso.”…..

E li chiamavano Selvaggi…

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